Anche la Ruggine non era ben voluta. Tutti volevano nasconderla, coprirla, mimetizzarla, ripitturarla. Era una vera emarginata nel mondo amante di cose nuove, luccicanti, colorate;mentre Lei, la Ruggine, se ne stava sempre con il suo solito colore marrone-ruggine negli angoli di un cancello, sopra le punte di un’inferiata, nei paraurti dell’automobile, in una sedia da giardino… Lei lavorava sempre. Si intrufolava in ogni angolo dove intravedeva qualcosa che sapeva di ferro e lì iniziava la sua azione corrosiva. Non ha mai dato segni di stanchezza, ha sempre proceduto con metodo, logica ferrea e un pizzico di umorismo perché ha saputo ricreare , nella sua corrosione (sempre metodica) delle forme che richiamano i merli dei castelli, le spugne marine, addirittura si sbizzarrisce ad imitare le bucce d’arancia.
Enzo Archetti A08163-Riflessi-26x35-comp A spasso con la ruggine – marzo 2009L’elenco del suo lento lavorio sarebbbe lungo, ma possiamo tranquillamente concludere che tra la Ruggine che lavora su un comignolo di un palazzo e il rastrello da giardino c’è un’intesa, una capacità di comunicazione, un procedere con gli stessi schemi che stupisce.
E l’uomo è attorniato nel suo vivere dal virus della ruggine. Ha così inventato l’antidoto della ruggine:l’antiruggine che ha una garanzia di qualche anno e poi bisognerà tinteggiare con altra antiruggine e poi ancora quando sarà ricoperta ….
Ma il vero nemico della Ruggine è l’acciaio: lui se ne sta sempre lì luminoso e lucido proprio come l’acciaio.
Lentamente, non si sa come, sul pianeta si formò un piccolo gruppo di persone (” i sensibili” costituito da artisti, riflessologi, scenografi ecc) che vedevano la Ruggine come un’amica, l’ammiravano per la grande forza di contrasto, ne esaltavano il colore , le forme… Uno di questi, non il capostipite, ma un seguace fedele, nelle sue passeggiate iniziò ad osservare prima, ad emozionarsi poi di certe lastre arrugginite con sprazzi di verderame sui bordi che se le portò in studio e lì rimasero
per alcuni mesi, finché una parte finì su un quadro-parete di 7 metri per 5 e le altre in quadri di piccole dimensione. L’apoteosi della Ruggine avvenne un mattino alle prime luci dell’alba sul monte della Madonna. Si verificò la sublime intesa tra uomo e natura: apparve nel verde della boscaglia un capanno in ferro arrugginito che ti guardava con le sue finestrine nere e vuote.
Un amore a prima vista.
Il capanno di Renato finì tutto nel mio studio, e lì fu guardato, ammirato, sezionato. Se collocato nella parte bassa di un quadro, poteva diventare un muro, una barriera, una collina, il parapetto di un balcone..
Diventava, il capanno di Renato con tutto il suo vestito di ruggine, una vera forza di contrasto quasi impareggiabile. E ci si accorgeva anche che la signora Ruggine assumeva una personalità spiccata, a volte persino superba, ma mai arrogante.
Ho visto le lastre arrugginite del capanno di Renato veramente soddisfatte, oserei dire gioiose, quel mattino del 18 marzo 2009 quando le sezionai con un flessibile nuovo che toglieva ogni indecisione perché loro, le lastre arrugginite, sapevano che sarebbero diventate le gambe di un tavolo in uno studio importante, il mio.

Enzo Archetti